In ricordo della canonizzazione di S. Ignazio di Loyola, avvenuta il 12 Marzo 1622, la comunità dei Gesuiti di Catania ha organizzato un triduo di preparazione alla celebrazione di tale ricorrenza.
La conoscenza della vita di S. Ignazio ci ha permesso di approfondire il tema del “discernimento” comunitario. Durante la conferenza tenuta lo scorso 10 Marzo da padre Franco Annicchiarico SJ, della comunità dei Gesuiti di Bari, abbiamo conosciuto meglio la figura di Ignazio di Loyola, fondatore della compagnia di Gesù. Vissuto agli inizi del ‘500, periodo in cui la “mondanità” trovava terreno fertile nelle eroiche e sanguinarie imprese cavalleresche, Ignazio aveva vissuto gran parte della sua esistenza ossessionato dal compiere gesta gloriose. A causa di un incidente accaduto a Pamplona, fu costretto, da un ginocchio spezzato, a fermarsi e “sostare”.
In questo lungo periodo di convalescenza, gli unici libri a sua disposizione furono le Sacre Scritture, le vite dei santi e l’imitazione di Cristo. Ignazio lesse questi testi, così come era solito fare con gli scritti cavallereschi, immergendosi in vivide fantasie e riuscendo con l’immaginazione ad immedesimarsi nei vari contesti e personaggi incontrati nella lettura.
Quello che lo colpì fu il “gusto” che queste letture suscitavano in lui: pace e gioia profonde. Così continuò a leggere, ora libri di imprese e gesta cavalleresche, ora la Bibbia. Scoprì in maniera molto netta che mentre gli scritti cavallereschi lo lasciavano con un “gusto” amaro, oserei dire vuoto, la lettura della vita di Cristo, al contrario, lasciava in lui pace, gioia e voglia di conoscerlo sempre più in profondità.
Ignazio imparò che nella lettura ciò che contava di più era il “sentire e gustare internamente” quanto letto. La sua conversione, tuttavia non fu rapida. Dalla lettura in profondità della sua vita, un occhio allenato riesce a comprendere come il Signore attende e rispetta sempre pazientemente i tempi dei suoi figli.
Ignazio, a seguito dell’incidente, era stato operato alla gamba, rimanendo zoppo. Ancora preso da un certo perfezionismo, non accettava di camminare da claudicante e così si fece rompere nuovamente la gamba e tentò di farsela riattaccare per ritornare allo stato fisico precedente. L’operazione non riuscì: rimase “zoppo”. La sua storia di vita fu segnata da questi avvenimenti che rappresentano simbolicamente il cammino di santità che il Signore aveva tracciato per lui. La pedagogia che il Signore utilizzò con Ignazio per la sua conversione fu quella di una lunga e paziente attesa che durò tutta l’esistenza.
Il grande regalo che ci lascia questo santo è quello relativo al “discernimento degli spiriti”, ben enucleato nelle regole dei suoi “Esercizi Spirituali”. Ignazio scoprì che all’interno del cuore dell’uomo (inteso come unità di memoria, intelletto e volontà) si agitano diverse “voci”, tra le quali è importante discernere per imparare ad agire secondo il cuore di Dio.
È inutile riempire le nostre giornate di frenetiche attività e le nostre parrocchie di innumerevoli corsi, pratiche e devozioni se non abbiamo valutato prima cosa interiormente ci “muove”. Anche la migliore delle azioni può non essere animata infatti da una intenzione “purificata”. Possiamo quindi essere mossi dal cattivo spirito, che lascia in noi di solito quella che Ignazio chiama “desolazione spirituale”, con turbamento, confusione, agitazioni varie. Oppure, al contrario, dallo Spirito buono. In quest’ultimo caso saremo in quello stato interiore chiamato “consolazione”: frutto dello Spirito è sempre la pace e la gioia profonda del cuore.
L’esperienza di Ignazio è personale, ma la ricchezza che ci ha lasciato con gli “Esercizi Spirituali”, ci orienta, per poter fare discernimento nel nostro cuore. Si tratta di una palestra, impossibile a spiegarsi ma da sperimentarsi, consci che nulla ha in sé il bene e il male, ma è il cuore dell’uomo che produce frutti buoni o cattivi a seconda dello spirito da cui è mosso.
Serena Piscione