Ho ricevuto una grazia e non mi sono accorto di nulla, solo dopo, quando la pace interiore ebbe il sopravvento ho compreso il dono ricevuto. Dare senza aspettare di ricevere. Ascoltare senza imporsi nel dire. Mostrare naturalmente interesse alle sofferenze dell’altro è un modo per vivere accanto al Signore. Alla Sua presenza.
Ritengo che nella vita di ognuno ci siano momenti difficili, durante i quali tutto sembra buio, nebuloso e senza prospettive interiori. Momenti nei quali ci si sente così inadeguati e peccatori, da sentirsi oppressi da un fardello così pesante. Tutto appare oscuro.
Ma è proprio da ciò che può avere inizio un nuovo percorso di crescita. Un lavoro interiore difficile ma utile, perché, pur procurando dolore e sofferenza, permette, di analizzare il proprio passato ed i doni ricevuti, in dialogo con Dio.
Solo allora prendi coscienza dell’amore e della misericordia che ti è stata offerta. Credere fortemente nella misericordia di Dio non è facile quando senti forte il peso delle tue debolezze. Ecco il nodo: siamo noi a non perdonarci e questa “indegnità”, che ci siamo autonomamente tatuati sul cuore, ci impedisce di accogliere la misericordia del Padre.
Io, diversi anni addietro, ho potuto constatare la presenza e la misericordia di Cristo Signore. Presenza della quale non mi sono neanche accorto nell’immediatezza dei fatti, ma solamente dopo, in momenti di preghiera ed introspezione personale. Capii che non potevo più cavarmela dicendo: “Si tratta solo di suggestioni.”.
Tutto in me cambiò da quando cominciai attivamente ad essere a contatto con i poveri della città.
Non potevo immaginare il dono che avrei ricevuto da queste persone che sono ai margini delle nostre comunità. Non potevo supporlo proprio perché, nella mia vita, avevo contribuito in vario modo a “fare solidarietà”, ma non lasciandomi coinvolgere interiormente dal “problema”. Era carità, solidarietà, ma sorda ed incontaminata.
Come volontario dello SpazioErwin presso la Parrocchia SS. Crocifisso dei Miracoli, ho vissuto momenti di fraternità con persone di diverse nazionalità, uniti da un comune denominatore: essere senza fissa dimora.
Così ho scoperto che tutti possiamo essere un prolungamento della misericordia di Cristo. Anche io.
Il vero problema è che non sempre ci rendiamo conto come, con un semplice gesto, si possa trasferire conforto e speranza. Sinceramente non so cosa sono riuscito a trasmettere, ma so quanto conforto e gioia, queste persone provate dalla vita, mi hanno inconsapevolmente donato.
Certamente sono persone fiaccate dalla vita e come tali diffidenti, a volte anche pericolose, non sempre disponibili ad aprirsi e ad accettare un abbraccio. Proprio ascoltando e confrontandomi con le tante storie umane mi sono accorto di come sia facile trovarsi in simili situazioni di disagio.
“Chiamato”, ho fatto innanzi tutto la scelta di rispondere “eccomi”. Dopo, quella di cercare, con tutti i miei limiti e debolezze, di “essere prossimo” ai disorientati, ai deboli, ai poveri, agli afflitti.
Cosa hanno fatto loro per me: mi hanno trasformato, umanizzato e liberato da catene invisibili e da condizionamenti esterni.
L’esperienza di vivere donandosi agli altri, con la speranza di potere essere contagiosi è una esperienza positiva. Il vero miracolo è stato constatare di avere solamente ricevuto, senza dare tanto, se non il mio tempo e tante notti e risvegli insieme.
Mi sono arreso all’amore. In questo ambiente io ho vissuto la vera incarnazione di Cristo. Una spiritualità incarnata accanto ai “poveri”.
Ho donato una carità che mi ha trasformato interiormente. Un soffio lieve ha rivitalizzato il mio cuore. Grazie.
Silvio Di Napoli